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Exuvia Caparezza

2025-03-22 13:11

Luigi Salerni

Novità,

Exuvia Caparezza

EXUVIA CAPAREZZA

Exuvia, ossia ciò che rimane del corpo di alcuni insetti dopo aver sviluppato un cambiamento formale. Caparezza ha scelto di chiamare il suo ultimo album, affidandosi a quest’immagine scientifica, per sottolineare un cambiamento personale e professionale rispetto al passato. La copertina raffigura e condensa visivamente lo stesso concetto attraverso un simbolo che rappresenta il passaggio da una condizione attuale ad una futura attraverso una serie di spirali. Come tutti i suoi dischi precedenti, anche Exuvia va affrontato come un’opera in cui tutti i brani compongono le tessere di un puzzle che solo se affrontato attentamente riesce a dare il senso della sua interezza. Un concetto totalmente condivisibile ma…eh già, per la prima volta dopo almeno cinque album c’è un ma da affrontare: se, infatti, nei precedenti lavori ogni canzone era un pezzo dell’insieme, è altresì vero che in tutti gli album da Habemus Capa fino (almeno) a Museica c’erano quei 6 -7 pezzi che trainavano il disco, inducendo all’ascolto completo. In Exuvia, di contro, manca quella manciata di brani sopra la media capace di sostenere un disco, già di per sé impegnativo, constando di 19 tracce (14 brani e 5 skit, ossia brevi intermezzi a far da ponte fra le canzoni), legate tra loro da un concept, a tratti oscuro, perfetto come sempre sotto l’aspetto lirico, in cui il protagonista si pone a confronto con il suo passato per guardare dritto davanti a sé. Exuvia è tripudio di citazioni, marchio di fabbrica del rapper di Molfetta, tra i rappresentanti più colti del suo genere: fin dal primo brano Canthology, in cui Matthew Marcantonio canta il ritornello, Caparezza inizia un viaggio, facendo i conti con il suo passato per lasciarselo alle spalle e proiettarsi nel futuro. L’opener riflette già le intenzioni dell’autore che verranno coerentemente confermate nel resto del disco, con brani come Fugadà, El Sendero (in cui troviamo la seconda guest dell’album, Mishel Domenssain) e Campione dei novanta, in cui Caparezza, ritorna ai suoi esordi quando, sotto il nome di Mikimix, si presentò a Castrocaro, e poi a Sanremo, sperando in un percorso che si rivelò diverso dalle aspettative, almeno in relazione alla prima parte della carriera. Non manca una velata critica alla scena musicale odierna, al confronto della quale persino il suo “Mikimix è Bob Dylan”. Continuano i riferimenti fra Beethoven e Mark David Hollis (La scelta), Leopardi (Contronatura) e Kubrick (Eyes Wide Shut), fino ad Azzera pace, geniale brano in cui abbiamo Caparezza al meglio di sé: mi dilungherei troppo a descrivere ogni colpo di genio del rapper ma questo è il brano che merita il maggiore approfondimento. Lungo il disco, seguiamo il nostro addentrarsi nella foresta, novello Dante, per percorrere il suo viaggio che, in realtà, è un rito di passaggio. Come Prypiat non convince, come la successiva Il mondo dopo Lewis Carroll, mentre Zeit! e La certa riportano il disco a buoni livelli. Con l’angosciante e sperimentale title track arriviamo alla fine del viaggio.

L’aria cupa e selvaggia di Exuvia è scelta dal nostro per farci addentrare nella foresta in piena sintonia con lui: se non si ha voglia di percorrere questo viaggio e si rimpiange il Caparezza del passato che coniugava ironia e critica sociale, si resterà smarriti. Del resto, siamo in presenza del suo album meno immediato pertanto va ascoltato molte volte per immergersi nella nuova dimensione che Michele Salvemini vuole darci di sé. Solo così la delusione iniziale che potrebbe lasciare il primo ascolto del disco può essere superata e dar spazio alla comprensione delle vere intenzioni dell’artista che, oggi più che mai, ha voluto mettere tutto sé stesso.